Non si disperda il patrimonio rappresentato dalle scuole di specializzazione universitarie, ma per ampliare l’offerta formativa, nonché le capacità ricettive delle scuole di specializzazione, si aprano le reti formative alle migliori strutture del SSN, offrendo la docenza nelle scuole di specializzazione al personale del SSN con comprovate competenze curriculari e scientifiche (cui conferire il titolo di professore a contratto), che potrebbe affiancarsi al personale docente universitario. Parimenti, si superi il tabù della formazione generalista appannaggio esclusivo delle Regioni e del sistema ordinistico-sindacale: si istituiscano scuole di specializzazione di Medicina Generale e Cure Primarie a preminente incardinamento della rete formativa nel territorio, come già avviene nel resto d’Europa.
Per la sanità, e per la formazione in particolare, dunque, la parola d’ordine sia l’integrazione delle migliore esperienze e competenze. È venuto il momento, inoltre, che gli specializzandi senior siano dotati di progressiva assunzione di responsabilità, a fronte di garanzie di adeguati standard formativi, periodicamente certificati, e dei conseguenti riconoscimenti.
Occorre lavorare, altresì, ad un riequilibrio tra generazioni e superare sprechi, clientele e corruzione in sanità. Le risorse disinvestite dalle realtà poco produttive dovrebbero essere reinvestite dalle Regioni per finanziare contratti di formazione specialistica aggiuntivi per cominciare a colmare da subito il gap tra numero di laureati e contratti di formazione nel post lauream. Ciò anche per un doveroso “risarcimento” degli aspiranti specializzandi e corsisti di medicina generale “danneggiati” dai disservizi registratisi, rispettivamente, in occasione delle recenti selezioni del 17 settembre e del 28-31 ottobre 2014. Atteso che il fabbisogno di medici specialisti programmato dalla Conferenza Stato Regioni e delle Provincie autonome per il corrente a.a. 2013/2014 è pari a 8189 unità, e considerato che sono stati messi a concorso nel corrente anno circa 900 borse di studio per i corsi di medicina generale, il vero limite concettuale, a cui fare riferimento nell’ipotesi di eventuali sanatorie, è quello del rispetto delle capacità formative delle scuole di specializzazione, criterio che è già stato chiamato in causa nel punto 4 del Manifesto della mobilitazione unitaria del 5 novembre 2014. In tal senso, occorrerà riservare ulteriore attenzione alla formazione di quei profili specialistici e generalisti che potranno lavorare nel territorio, evitando che si continuino a formare medici che non potranno trovare sbocchi nel SSN. Inoltre, nella concitazione e nell’agitazione delle ultime settimane, si è mancato di ricordare come una parte consistente dei circa 11600 candidati che hanno partecipato alle recenti selezioni per l’accesso alle scuole di specializzazione di medicina, nonchè ai corsi regionali di medicina generale, siano medici già specialisti o in possesso di un diploma di formazione specifica di medicina generale: a queste giovani professionalità va garantito il diritto all’accesso al mondo del lavoro, disincentivando la figura dello specializzando “a vita”; parimenti, va garantito ai neolaureati l’accesso alla formazione post lauream, graduando in funzione del merito la scelta della tipologia di scuola presso cui iscriversi.
Parallelamente, pertanto, è indispensabile provvedere allo sblocco delle assunzioni nel SSN, a partire dalla stabilizzazione dei precari, ed incentivare il turn over attraverso scelte coraggiose. Si faccia in modo, ad esempio, che i medici entrati in quiescenza dal SSN non possano più rientrare dalla porta di servizio, lavorando nel territorio in regime di convenzionamento o nelle strutture private convenzionate col SSN, ovvero finanziate dallo Stato, potendo quindi cumulare ulteriori emolumenti in aggiunta alla pensione a discapito di spazi lavorativi per i giovani.
Ma, alla base di tutto, vanno immediatamente risolte le gravi criticità della programmazione dei fabbisogni di medici, che va definita attraverso una metodologia scientificamente fondata, ovvero secondo modelli previsionali che rispecchino i reali bisogni di salute della popolazione, e non più secondo il dato storico o, peggio, per assecondare la logica del consenso. Si preservi, altresì, l’accesso programmato a medicina e si riducano immediatamente gli accessi ai corsi di laurea in medicina per compensare gli ingressi in sovrannumero registratisi negli ultimi anni.
Chiediamo, quindi, una chiara presa di posizione della FNOMCeO, che nel 2010 lanciava l’allarme della carenza di medici in previsione dell’entrata in quiescenza delle coorti più anziane – a fronte di indicatori che già allora facevano registrare in Italia il più alto rapporto tra medici e popolazione residente – in ciò contribuendo, complice il silenzio “interessato” delle Università, al conseguente incremento dei contingenti di accessi a medicina e che, oggi, quasi contraddicendosi nei termini, denuncia gli effetti deleteri dell’imbuto formativo-occupazionale venutosi a creare: è a favore della tutela del ruolo della Professione Medica ed in particolare dei profili giovani o intende assecondare le proposte regressive delle Regioni di riconfigurazione a ribasso del ruolo del medico nel SSN?
In alternativa a quanto proposto dalla bozza di DDL del 5 novembre 2014, esitata dal Tavolo politico ex Art. 22 del Patto sulla Salute, si potrebbe immaginare l’adozione da parte delle Regioni di contratti annuali per medici abilitati col profilo di tirocinanti retribuiti, selezionati con pubblico concorso a graduatoria regionale, senza però ridurre gli spazi di reclutamento per i giovani nelle piante organiche. Le risorse potrebbero essere reperite, ad esempio, estinguendo i “primariati”, ovvero le unità operative complesse, ridondanti. I tirocinanti potrebbero essere utilizzati non solo negli ospedali, ma anche a supporto dei distretti sanitari per potenziare le attività di promozione della salute e di prevenzione, capitoli in cui il nostro Paese investe meno di tutti gli altri Paesi UE. Ed i tirocini potrebbero essere riconosciuti ai fini dei successivi concorsi per l’accesso al SSN, una volta conseguita la specializzazione.
Non si rinunci, infine, alla trasparenza ed all’oggettività nelle selezioni a qualunque livello, a cominciare dall’accesso ai corsi di laurea in medicina, e migliorando l’organizzazione del concorso nazionale per l’accesso alle scuole di specializzazione, nonchè rifondando le selezioni a graduatoria regionale per l’accesso alla medicina generale. Non è più possibile accettare che in questo Paese non si sia in grado di organizzare in maniera decente la selezione della classe dirigente della Sanità!
I Giovani Medici (SIGM) non sono interessati a sterili contrapposizioni che appaiono finalizzate più al contendersi la titolarità della formazione medica, piuttosto che a ragionare in ottica di sistema e di rilancio del SSN pubblico. Occorre che tutte le parti in causa si sforzino per creare una reale osmosi tra Università e SSN ed il Tavolo politico ex Art. 22 del Patto della Salute, in cui siedono i rappresentanti di tutte le Istituzioni chiamate in causa, può e deve essere un’occasione per il rilancio del capitolo delle risorse umane in sanità. Ma lamentiamo lo scarso coinvolgimento nei processi decisionali dei reali portatori di interesse, ovvero dei giovani medici, che vengono ora tirati per il camice per assecondare interessi di parte, ora abbandonati a condurre battaglie contro i mulini a vento per contendersi le briciole delle scarse risorse disponibili.
Le politiche dissennate adottate in passato hanno prodotto dati impietosi che, in assenza di una immediata inversione di tendenza, non potranno che peggiorare, facendo perdere al sistema ulteriori preziose risorse umane: la Commissione Europea ha recentemente documentato, infatti, come da dieci anni a questa parte i medici Italiani detengano il primato Europeo della fuga all’estero – su 100 medici che lasciano il Paese di d’origine ben 52 sono Italiani. E tra queste professionalità sono generalmente quelle più motivate a lasciare il Paese, prevalendo quindi un appiattimento verso il basso delle aspettative dei professionisti che rimangono in Italia. Guai, pertanto, ad inseguire la logica contabile o dell’interesse dei singoli o delle parti: tutto ciò non è più sostenibile, né moralmente né politicamente! Chiediamo, ora più che mai, l’adozione di politiche di sviluppo e di incentivazione delle giovani professionalità sanitarie, volte alla sostenibilità ed alla competitività, avendo sempre quale priorità la salute dei cittadini, unico vero obiettivo attorno al quale tutte le parti in causa dovrebbero convergere, e rispediamo al mittente soluzioni regressive che intenderebbero scaricare il peso delle cattive gestioni del passato sulle giovani generazioni.
E su questi presupposti chiediamo un’ampia convergenza di tutti i giovani medici sui contenuti del Manifesto Programmatico del Forum Nazionale dei Giovani della Sanità, piattaforma di confronto che antepone alle sigle una forte idealità e delle proposte realmente innovative.