Cari Colleghi,
da anni l’Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM) denuncia le criticità ascrivibili ad una non adeguata programmazione dei fabbisogni di professionalità mediche generaliste e specialistiche. Sono ampiamente documentati gli effetti della “Pletora Medica”, fenomeno che ha avuto origine a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, conseguente all’accesso incontrollato alle Facoltà di Medicina che ha ingenerato un sovradimensionamento del contingente di medici in attività nel sistema sanitario; questi professionisti, sia per la mancanza di spazi occupazionali, sia per la non sempre qualitativamente ottimale formazione ascrivibili a oggettivi problemi di carattere organizzativo, hanno progressivamente perduto le motivazioni iniziali che li avevano spinti ad intraprendere l’impegnativo percorso della professione medica, con ricadute negative a discapito della qualità delle prestazioni erogate e quindi della salute dei cittadini. A tale asistematicità in passato si è posto rimedio allargando gli orizzonti della Professione medica, creando nuove figure e stabilizzandole all’interno di un Servizio Sanitario Nazionale in fase di espansione, al pari del sistema Paese. La storia dei nostri giorni, invece, è caratterizzata dagli effetti della globalizzazione e di una crisi finanziaria ormai strutturale, che impone invece un approccio orientato alla sostenibilità ed alla competitività. Ma mutato è anche lo scenario di salute, sempre più spostato verso un carico di malattie croniche, cronico-degenerative e disabilità, e sempre più condizionato dall’innovazione e dallo sviluppo tecnologico in sanità. Si sposta, dunque, inevitabilmente il baricentro del sistema delle cure, da un assetto ospedalo-centrico, non più attuale, verso un sistema integrato delle cure che ha nel territorio il punto di arrivo e di partenza.
Il SIGM in ripetute occasioni ha sollecitato le Istituzioni politiche e professionali al fine di trovare delle soluzioni per adeguarsi ai mutamenti, avanzando al contempo proposte con approccio di sistema e mai di parte. Come è noto, nel nostro Paese la definizione del “fabbisogno di personale sanitario” segue una complessa procedura di negoziazione, che chiama in causa diversi attori (Regioni, Ministero della Salute, Ordini professionali) e che dovrebbe essere funzione di variabili note (dati epidemiologici, bisogno di salute espresso dalla popolazione, Livelli Essenziali di Assistenza, Piano Sanitario Nazionale e Piani Sanitari Regionali, modelli organizzativi dei servizi e dell’assistenza, offerta di lavoro e domanda di lavoro, personale in corso di formazione e personale già formato non ancora immesso nell’attività lavorativa, task-shifting). Al MIUR spetta, invece, il compito di attribuire alle singole Università, all’interno della programmazione dei fabbisogni esitata dalla Conferenza Stato Regioni e delle Provincie autonome, sia i contingenti per l’accesso alle Scuole di Medicina (ex Facoltà), che i contratti di formazione specialistica, questi ultimi all’interno delle reti formative delle scuole di specializzazione, fatti salvi i fabbisogni regionali per tipologia di specializzazione. Spetta invece al Ministero della Salute, sulla base dei deliberati della Conferenza Stato Regioni e delle Provincie autonome, assegnare su base regionale il numero di borse di studio per i corsi di formazione specifica di medicina generale.
Purtroppo il nostro rimane il Paese dove si continua a definire il numero di accessi programmati a medicina ed ai percorsi di formazione post lauream (scuole di specializzazione e corsi regionali di formazione specifica di medicina generale) in base al dato storico o in funzione dei condizionamenti derivanti da interessi di parte, ovvero senza prevedere gli scenari di salute ed organizzare l’assistenza mettendo al centro il bisogno di salute della popolazione. https://www.giovanimedicisigm.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2084:comunicato-stampa-congiunto-associazione-italiana-giovani-medici-sigm-federspecializzandi-comitato-nazionale-aspiranti-specializzandi&catid=121:specializzandi&Itemid=178
È il Paese in cui non si riesce a realizzare una adeguata selezione della classe dirigente della sanità, vuoi perché la politica, invece di investire e sostenere un processo di implementazione di una riforma epocale che interessa migliaia di medici, per superficialità ed incompetenza rende più complicato il tutto, nonostante gli appelli delle Associazioni di categoria, e mette a rischio l’innovazione del concorso nazionale per l’accesso alle scuole di specializzazione, vuoi perchè gli interessi di parte riducono le Regioni all’organizzazione di concorsi privi di ogni criterio di trasparenza e meritocrazia per l’accesso ai corsi regionali di medicina generale. E l’interesse di parte o dei singoli prevale anche tanto per l’accesso ai ruoli del SSN (dove la raccomandazione prevale sull’essere un buon professionista e dove i “primariati” sono tagliati su misura) quanto per l’accesso al convenzionamento nel territorio (dove l’appartenenza ad una lobby professionale supera ogni concetto di meritocrazia).
È il Paese in cui chi sbaglia non si fa da parte, ma continua a governare con la stessa approssimazione, se non peggio, le vicende che interessano migliaia di giovani medici aspiranti specializzandi, arrivando al punto di comunicare a mezzo stampa, nel corso dell’ultimo giorno utile per la pubblicazione del bando di concorso, l’avvio dell’iter di modifica del Regolamento che disciplina le modalità di selezione, gettando tali giovani laureati nel limbo dell’incertezza.
È il Paese in cui nel corso dello scorso anno accademico tanto al concorso nazionale per l’accesso alle scuole di specializzazione quanto ai concorsi regionali per l’accesso ai corsi di medicina generale si sono iscritti circa 12000 medici. Di questi, soltanto 6400 circa hanno trovato o stanno trovando collocazione utile nelle scuole di specializzazione (circa 5500 contratti) e nei corsi di medicina generale (circa 900 borse di studio).
E di questi “fortunati” colleghi futuri specialisti e generalisti il futuro occupazionale è incerto, laddove si consideri che troppo pochi sono i medici generalisti e specialisti che vengono formati per lavorare nel territorio [FRANCIA: n. laureati in medicina: circa 7400 anno; n. posti post-lauream a.a 2013/2014: 7903 (di cui n. posti in Scuole di Specializzazione esclusa Medicina Generale a.a 2013/2014: 4033; n. posti in Scuola di Specializzazione in Medicina Generale: 3870). SPAGNA: n. laureati in medicina: circa 7000 anno; n. posti post-lauream a.a 2013/2014: 6150 (di cui n. posti in Scuole di Specializzazione esclusa Medicina Generale a.a 2013/2014: 4375; n. posti in Scuola di Specializzazione in Medicina Generale: 1775] e troppi, di contro, sono gli specialisti addestrati in branche orientate prevalentemente alle acuzie e quindi con sbocchi lavorativi negli ospedali. Senza dimenticare l’aspetto quantitativo, essendo noto come il fenomeno del task shifting, unitamente allo spostamento delle cure nel territorio, richieda la disponibilità di un minor numero di medici rispetto al passato [con 3,92 medici ogni 1000 abitanti, l’Italia già nel 2010 si poneva al terzo posto tra i Paesi dell’Europa a 27, a fronte di un dato medio UE pari a 3,37 medici ogni 1000 abitanti. Dal 2010 ad oggi il quadro si è “aggravato” a causa del blocco dei pensionamenti e della stabilizzazione dei precari (turn over), nonché per l’incremento degli accessi programmati a medicina, innalzati dalle circa 7500 sino gli attuali circa 10000 al netto degli accessi in sovrannumero].
Per la parte rimanente dei concorrenti alle predette selezioni, secondo le nostre stime, circa 3000 (includendo in tale contingente i circa 500 concorrenti che non si sono presentati alle selezioni) sono stati i medici che si sono iscritti alle prove di concorso pur avendo già conseguito il diploma di specializzazione o il diploma di medicina generale, ovvero essendo già iscritti ad una scuola di specializzazione o ad un corso di formazione specifica di medicina generale. Permane un gap stimabile intorno ai 2000-2500 medici che rimangono ad oggi fuori dal post lauream, con un trend in aumento a causa dell’incremento degli accessi a medicina stabiliti negli anni passati sulla base della programmazione non adeguata definita dal complesso sistema che vede la compartecipazione delle Regioni, della FNOMCeO e dei Ministeri competenti.
È il Paese nel quale, sulla base delle falle del sistema organizzativo ed in ragione della cultura del ricorso, le sentenze della Giustizia Amministrativa nel corrente anno accademico 2014/2015 hanno consentito l’accesso in sovrannumero ad almeno 5000 studenti in più ai corsi di laurea in medicina. E a fronte di ciò, il fabbisogno appena definito dalle Regioni corrispondente al numero programmato di studenti da ammettere a medicina richiesto è pari a 10.222 unità, soltanto 471 in meno (-4,4%) rispetto al precedente anno accademico, con equivalente turnover del 2,9% rispetto ai 355.000 medici iscritti agli Ordini Professionali. Numeri non coerenti con l’eccesso prospettico di medici stimato, come dimostra anche la richiesta di 7.500 unità avanzata dalla “pentita” FNOMCeO (che soltanto nel 2010 lanciava l’allarme, infondato, di una futura carenza di medici, favorendo l’incremento degli accessi a medicina sino alle attuali circa 10000 unità) in risposta alla pletora di studenti ammessi in sovrannumero a medicina per effetto dei ricorsi ai TAR.
È il Paese nel quale le Regioni, complice la voce incerta della Professione medica, più intenta conservare privilegi e posizioni che innovarsi e rinnovarsi, invece di correggere il tiro rimuovendo sprechi, clientele, malaffare ed in appropriatezza dalla sanità, avanzano un disegno di legge che ha il mero fine di fare economia a spese delle risorse umane giovani della sanità, deprimendo il sistema e dequalificando sia la Professione (inquadrandola nel Comparto) sia la formazione post luream, al contempo ponendo in secondo piano la salute dei cittadini che è anche funzione della adeguata formazione dei profili sanitari, medici in primis.
È il Paese in cui a causa dei piani di rientro e del blocco del turn over, imposti per porre rimedio alle cattive gestioni della sanità regionale, si continuano a mantenere o ad assumere medici con contratto a tempo determinato ovvero con contratti atipici o attraverso la stipula di rapporti libero-professionali privi di qualunque tutela. Ciò nonostante l’Unione Europea abbia comminato delle sanzioni pecuniarie all’Italia per il semplice fatto che un contratto per dirigente medico a tempo determinato è antieconomico in quanto ha dei costi lordi superiori a quelli per coprire un contratto di lavoro per dirigente medico a tempo indeterminato.
È il Paese in cui dei medici precari del SSN, da anni titolari di contratto di lavoro a tempo determinato, nonché vincitori di un contratto a tempo indeterminato, da un giorno all’altro potrebbero essere licenziati dall’Azienda Sanitaria da cui dipendono, a dispetto delle recenti acquisizioni normative nazionali (DPCM salva precari) e regionali (riordino della rete ospedaliera ai sensi della Legge Balduzzi). A questi colleghi, che vivono nell’ansia di continue scadenze e di continui rinnovi, semestrali, trimestrali o addirittura di durata inferiore, va la solidarietà della nostra Associazione, nella consapevolezza di essere in presenza non di un caso eccezionale ma di uno spaccato di vita professionale che rappresenta e rappresenterà sempre più l’ordinarietà in assenza di una discontinuità nelle politiche sanitarie e professionali.
È il Paese in cui anche tra i giovani medici talora serpeggia il germe della contrapposizione e dell’interesse di parte. Si assiste alla corsa dei sindacati alla creazione di sezioni giovani, dopo anni di politiche gerontocratiche i cui effetti ricadono oggi sulle giovani generazioni; chi si laurea ed aspira ad entrare in specialità vede come antagonista chi è già medico in formazione, chi è medico in formazione, a sua volta, si prepara ad entrare in contrapposizione con quanti sono già specialisti o diplomati di medicina generale. Per non parlare poi della nascita di associazioni “meteora”, sull’onda di un legittimo malcontento, che hanno come collante la critica distruttiva nei confronti di quanti hanno speso energie ed hanno messo la faccia per cambiare il sistema e per recuperare le risorse necessarie a garantire il diritto alla formazione. E, tra queste, alcune sono mosse non dalla comunanza dei problemi e delle criticità connesse alla condizione di appartenere alle giovani generazioni di medici, bensì mischiano la rappresentanza professionale con la politica di parte ovvero con l’imprenditoria o con gli interessi professionali di studi legali specializzati nel contenzioso sanitario; tutto legittimo, ma la componente giovane della Professione si disgrega piuttosto che trovare forza nell’unità dei comuni problemi generazionali.
L’Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM) si è spesa e continuerà a spendersi affinchè il nostro possa essere un Paese normale nel quale:
1) venga tutelato il diritto all’accesso alla formazione in un necessario continuum tra il pre ed il post lauream, garantendo in futuro un numero di laureati pari agli accessi al post lauream;
2) venga tutelato il diritto all’accesso al lavoro, affinchè chi ha conseguito un diploma di specializzazione o di formazione specifica di medicina generale possa trovare giusta collocazione nel mondo del lavoro e non sia costretto a fare lo specializzando o il corsista “a vita”, gravando sul capitolo della formazione;
3) la progressione di carriera possa essere il frutto dei meriti conseguiti sul campo, misurati e confrontati in maniera trasparente, in modo da realizzare il miglioramento continuo delle performance, e non sia esito di compromessi o di appartenenze;
4) la definizione dei fabbisogni di professionalità sanitarie e la programmazione in sanità siano funzione della domanda di salute e non dell’offerta (di professionisti in esubero o di strutture sanitarie pubbliche e private che andrebbero riconvertite), in modo da non alimentare più il fenomeno dell’imbuto tra pre e post lauream;
5) la salute dei cittadini sia la stella polare del processo decisionale ad ogni livello, in modo che pianificazione e programmazione soppiantino lo stato di indefinizione e di deroga nel quale hanno proliferato gli interessi di parte, le speculazioni, il clientelismo, l’inappropriatezza.
Per tali ragioni, invitiamo tutti i giovani medici, dai laureati in attesa di collocazione nel post lauream ai precari, passando per tutti i profili medici in formazione, a mettere da parte le differenze ed a non farsi ammaliare dalle sirene di quanti offrano soluzioni temporanee o di parte, tanto meno dalle strumentalizzazioni e speculazioni sulla condizione di disagio in cui versa la componente giovane della Professione, in modo da superare le differenze e trovare una sola voce al fine di ottenere soluzioni adeguate alle criticità che mettono a rischio il futuro della dirigenza della sanità Italiana del domani e del SSN stesso.
Su queste basi, l’Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM) si farà promotrice, alla pari con quanti vorranno condividere tale impostazione, di una mobilitazione nazionale per rilanciare l’unità delle giovani generazioni di medici, all’insegna della riscoperta dell’orgoglio della Professione medica.
Il Consiglio Esecutivo SIGM