COMUNICATO STAMPA Giovani Medici SIGM
Dibattito sul recepimento della Direttiva Europea 2003/88/CE sul monte orario: l’Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM) offre una prospettiva diversa.
L’Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM) interviene nel dibattito in merito al recepimento della Direttiva Europea 2003/88/CE sul monte orario: “È necessario e urgente porre l’accento sul recupero di risorse interne alla sanità per fare spazio oggi ai giovani specialisti; fare il gioco dello scaricabarile con le Istituzioni o soffermarsi sulle interpretazioni dei metodi di calcolo dell’orario in questo momento non serve. E a nessuno venga in mente di sacrificare la formazione all’altare della sostenibilità di assetti non più giustificabili”.
“La Direttiva è importante perché dà fondamenta giuridiche all’esperienza accumulata in letteratura secondo cui periodi lavorativi prolungati producono effetti importanti sulla salute dei professionisti aumentando il rischio d’errore e che, in ultima istanza, mettono a rischio il paziente. L’argomento è complesso per essere trattato semplicemente con la scure del diniego, dello sciopero e dei ricorsi. Soprattutto in sanità, soprattutto in Italia dove il blocco del turnover tiene ormai da tempo alle porte del sistema centinaia di giovani specialisti vittima di equilibri organizzativo-professionali oggi non più sostenibili” – afferma l’Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM).
Una tematica mai gestita che si abbatte su un SSN ridimensionato e vecchio. La tematica del monte orario e dei vincoli di riposo dei medici e operatori del comparto irrompe nel dibattito in sanità paradossalmente con un ritardo di 12 anni rispetto all’uscita direttiva europea 2003/88/CE da cui tutto è nato. Limite massimo di 12 ore di lavoro giornaliero e 11 ore continuative di riposo nell’arco della giornata. I Governi italiani hanno negli anni congelato la situazione di medici e comparto ma le procedure di infrazioni di Bruxelles hanno imposto la data del 25 novembre per normalizzare una situazione tutt’altro semplice da gestire a causa di una strutturale carenza di organico in un SSN che, seppur in ridimensionamento, rappresenta il 78% della spesa sanitaria globale del nostro Paese (la spesa sanitaria pubblica nei Paesi OCSE si attesta a una media del 73%) nonché il datore di lavoro pressoché unico dei medici italiani.
Medici responsabili, non solo spettatori passivi. Istituzioni e rappresentanza sindacale e istituzionale della Professione hanno atteso passivamente questa data si voglia per disattenzione, si voglia per incapacità di previsione/prevenzione e oggi che il 25 novembre è dietro l’angolo si lanciano proclami e minacce di ricorso senza entrare nel merito del problema. In questo contesto, al cospetto di un SSN pubblico, universalistico in difficoltà a causa della crisi di risorse e dell’aumento dei bisogni, il ruolo e l’atteggiamento dei professionisti sanitari è centrale almeno quanto quello dei decisori e della politica.
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A nessuno venga in mente di utilizzare la formazione per garantire la sostenibilità di assetti non più giustificabili. Il lavoro per recuperare sprechi e inappropriatezze deve interessare sia la governance regionale sia la rappresentanza sindacale dei medici. Certamente evitando di confondere i piani della formazione e del lavoro che invece meritano un’integrazione chiara e coerente al servizio del sistema.
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