Dato il recente dibattito sollevato da alcune Istituzioni, riteniamo opportuno, in virtù della nostra posizione di rappresentanti istituzionali dei giovani medici, prendere le distanze dalle posizioni che aprono alla possibilità di un accesso “semiaperto” a medicina, ribadendo la necessità che il percorso formativo sia programmato e che sappia rispondere alla reale domanda di quanti e quali professionisti della salute il Paese necessiti.
Il panorama sanitario attuale, come l’emergenza pandemica ha tristemente reso visibile a tutti, manca di medici specialisti; questo come frutto di una non lungimirante programmazione effettuata negli ultimi anni, che ha reso sempre maggiore il numero di ingressi al corso di Laurea in Medicina, a fronte di un esiguo numero di contratti di formazione specialistica.
Il tutto risulta ulteriormente aggravato da un turnover bloccato e dal crescente ricorso a contratti di lavoro precari.
Lo scenario che ne deriva è quello di un elevato numero di medici giovani e meno giovani il cui titolo di laurea non garantisce l’accesso alla formazione post-lauream, portandoli quindi a ripiegare su lavori da libero professionista con scarse tutele e irrisorie retribuzioni.
I “fortunati” che riescono ad accedere ad un percorso di formazione specialistico o specifico in Medicina Generale lamentano d’altro canto una formazione non sempre ottimale, con una rete formativa non utilizzata e non sempre in grado di saper offrire un vero programma professionalizzante. Ed intanto ecco svelarsi che in realtà ciò che manca sono i medici specialisti, alla cui funzione si va a sopperire attraverso decreti che regolamentano l’assunzione dei medici ancora in formazione con ruolo di dirigente medico e in contratti co.co.co o subordinati determinati, con la certezza di non venir stabilizzati al termine del loro contratto di lavoro. Un giorno otterranno un titolo da specialista, continuando a sperare in un concorso a tempo indeterminato che però tarderà ad arrivare.
Questa la realtà attuale, questa la storia che va raccontata ai giovani diplomati che ambiscono alla carriera medica: entrare a medicina non vi assicura un florido percorso di formazione ed inoltre un percorso di formazione carente vi renderà dei medici mediocri, tra l’altro precari.
La lotta non va fatta sull’accesso ai corsi di laurea: si può discutere di come migliorare il metodo di selezione, ma il numero chiuso va assolutamente preservato.
E’ necessario che l’opinione pubblica, le associazioni di categoria, i responsabili della comunicazione, le Istituzioni, informino sulla vera necessità di questo paese: una corretta programmazione, che consenta a tutti i medici laureati di poter accedere al percorso post- laurea e che consenta ai futuri specialisti la stabilizzazione nel Sistema Sanitario Nazionale.
Occorre inoltre dare a tutti i liberi professionisti impiegati sul territorio gli strumenti e gli stimoli per potersi formare ed aggiornare, qualificandone il ruolo e le competenze e tutelando i loro diritti, la loro sicurezza, la loro remunerazione.
Occorre una corretta programmazione, non più basata sul solo dato pensionistico, ma sull’evoluzione epidemiologica a cui il nostro paese sta andando incontro, dando sempre più importanza alla cronicità e all’assistenza territoriale.
E’ infine necessario che la progettualità vada di pari passo con l’attenzione alla qualità della formazione, dai tirocini abilitanti, ai corsi di laurea, fino al percorso curriculare offerto dai percorsi post-lauream: tutti i passaggi che contribuiranno alla preparazione del professionista sanitario ideale.
Investire nel settore sanitario e nel percorso formativo dei professionisti della salute è un grande atto di responsabilità che porterà ad un risultato importante e tangibile, ossia la garanzia di poter tutelare lo stato di salute della popolazione.