Sembra essere passato quindi il concetto di creare Reti Regionali di Formazione obbligate a seguire un accreditamento rigoroso basato su standard nazionali, come da tempo proposto dall’Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM) a tutti i livelli (cfr. documentazione audizione al Senato della Repubblica) ampliando gli orizzonti delineati dalla normativa vigente (reti formative delle Scuole di Specializzazione previste dalla 368/99).
In questo modo potrebbe essere possibile finalmente creare una reale osmosi tra le eccellenze sanitarie del nostro Paese garantendo ai giovani medici italiani migliori possibilità formative e professionalizzanti frutto di una maggiore casistica, maggiori volumi e migliori performance. Ricordiamo che questo concetto, peraltro, introdotto e rafforzato nella bozza di Decreto Ministeriale sul Riordino delle Scuole di Specializzazione di medicina, cui la nostra Associazione sta riservando particolare attenzione e del quale chiediamo con forza l’emanazione il prima possibile (leggi qui la cronologia completa).
COMMENTO: Va rilevato che, nel silenzio generale, c’è ancora una grande assente senza la quale difficilmente si potrà parlare di rete formativa regionale: la formazione di medicina generale. Ministeri e Regioni abbiano il coraggio di ricomprendere nelle reti integrate anche la formazione di medicina generale per allinearla finalmente agli standard UE. Questo processo di riorganizzazione per “la gestione e sviluppo delle risorse umane in sanità” è una grande opportunità ed è francamente impensabile che con tutti i problemi e le difficoltà a oggi registratesi nei vari corsi regionali la formazione in medicina generale possa essere, per l’ennesima volta, messa in secondo piano!
LEGGI IL RELATIVO COMUNICATO DEL S.I.Me.G.
RILANCIAMO A TAL PROPOSITO LA PETIZIONE PROMOSSA DAL FORUM NAZIONALE DEI GIOVANI DELLA SANITÀ per la costituzione della SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN MEDICINA GENERALE e CURE PRIMARIE affinché possa essere ricompresa in questo o qualunque altro disegno di riorganizzazione strutturale della formazione medica in Italia. [aperta a cittadini, singoli medici e professionisti ma anche organizzazioni e associazioni]
Continuando nella lettura del testo, esprimiamo forti perplessità in merito alla proposta presente nella bozza “Ipotesi A” che prevedrebbe negli ultimi anni di corso un inquadramento differenziato, riservato ad un contingente limitato e variabile (di anno in anno a seconda delle necessità) di medici in formazione, che sarebbe “assunto” a tempo determinato a carico delle Aziende Sanitarie del SSN, e quindi delle Regioni, dopo una selezione effettuata attraverso specifici bandi di concorso.
L’assunzione avverrebbe attraverso un nuovo contratto biennale di formazione e lavoro tutto ancora da scrivere e definire (nei diritti e doveri) la cui remunerazione potrebbe essere A) a completo carico delle Regioni, oppure B) a carico delle Regioni solo per la parte di differenza retributiva. In tal caso, secondo il punto 5 della lettera A dell’art. 1, verrebbe rivisto anche l’impianto del contratto di formazione specialistica (per modificarne il contenuto economico in comparazione, al ribasso, con il nuovo trattamento del contratto formazione – lavoro destinato a pochi?). Inoltre, tale nuova forma di contratto, secondo il punto 4 della lettera A dell’art. 1, sarebbe da disciplinare attraverso la contrattazione collettiva nazionale facendo entrare per la prima volta gli specializzandi nel novero dei lavoratori e perciò paventando una sindacalizzazione della loro figura professionale.
Il rischio è di creare grande confusione negli obiettivi formativi dei percorsi didattico-professionalizzanti delle singole tipologie di scuola e di incorrere nell’errore di riservare disparità di trattamento nella progressione di carriera dei giovani medici (visto che si parla esplicitamente di modificare la normativa per aggiornare i criteri di valutazione per l’accesso al SSN ci sono tutte le premesse per creare un nuovo piano di stallo per la progressione di carriera).
È di fondamentale importanza inoltre evitare che tali nuovi ruoli (dai contorni tutti da definire, in primis riguardo la responsabilità medico legale) siano parte integrante delle piante organiche, col rischio di saturarle e di non garantire adeguati sbocchi lavorativi ai medici specialisti che dopo il blocco del turnover rischiano di subire un nuovo restringimento di un imbuto sempre più tortuoso.
Ulteriori rischi, se non verranno definiti chiari e perentori criteri per l’accreditamento ed il monitoraggio continuo (del SIGM la proposta di affidare i primi all’Osservatorio Nazionale della Formazione Specialistica ed i secondi all’Age.na.s), sono da ricercare nelle modalità di applicazione della norma laddove è lecito pensare che i contratti di formazione lavoro saranno banditi presso strutture periferiche e non di qualità formativa adeguata, secondo la logica del mantenere in piedi strutture ospedaliere con volumi e performance assistenziali non idonee alla formazione, ricorrendo a personale a minor costo.
Nell’Ipotesi B, invece, la nuova modalità contrattuale scompare lasciando spazio ad una proposta di inserimento degli specializzandi nelle strutture della rete formativa regionale durante l’ultimo biennio. Sarebbe auspicabile che il contribuito economico offerto dalle Regioni fosse sufficiente a garantire, direttamente o indirettamente, un incremento significativo del contingente di contratti di formazione, tale da ridurre il gap tra numero di laureati e sbocchi nel post lauream.
Invece, da quanto riportato nel testo diffuso a mezzo stampa, i fondi delle Regioni vengono quantificati come utili a garantire ulteriori 105 contratti di formazione specialistica da aggiungere al quantitativo che sarà reso disponibile per il prossimo concorso attraverso i fondi ministeriali (ed attraverso il recupero di ulteriori fondi da reperire attraverso il riordino previsto dal Decreto Ministeriale sul Riordino delle Scuole di Specializzazione di medicina [LINK]). BREAKING NEWS: il decreto per il riordino e la riduzione della durata sarà firmato entro le prossime 72 ore dal Ministro. In merito alle anticipazioni rilasciate in data odierna a mezzo stampa attendiamo di poter leggete il testo definitivo prima di poter dare una parere a quanto fatto.
Passaggio che rischia di rimanere in sordina sebbene di forte impatto sul lungo periodo è quanto riportato dalla lettera c del punto uno dell’art.1: l’intenzione, già presente nelle precedenti formulazioni del contestato art. 22, è quella intervenire sullo “sviluppo professionale di carriera della dirigenza” attraverso 1) l’introduzione di misure per una maggiore flessibilità nei processi di gestione delle risorse umane; 2) la definizione e differenziamento all’interno della dirigenza medica e sanitaria di percorsi di natura gestionale e percorsi di natura professionale.
Se il primo punto appare talmente indefinito da sembrare pericoloso, il secondo lascia intravedere un pericolosissimo attentato ai principi della clinical governance (intesa come approccio sistematico che orienta alla qualità e al miglioramento continuo la pratica clinica centrata sul paziente) con una dequalificante forzata scissione tra competenze manageriali e competenze cliniche, quadro in completa antitesi con ogni evidenza scientifica e ogni modello formativo o gestionale di successo.
Nell’era del “medico manager”, leader dei sistemi sanitari complessi, non si comprende come la scelta di un percorso manageriale possa annullare l’attività clinica di un medico, o, viceversa, come sia possibile la scelta di un percorso professionale puro, incontaminato dall’organizzazione e dal management, a meno che questo non si configuri invece come un mero tentativo di “circoscrizione tecnica” di un professionista nel tentativo di espropriare il medico dal proprio ruolo naturale di leader della sanità e dei suoi processi assistenziali.
Bene, infine, che in entrambe le versioni si richiami la necessità di definire una metodologia condivisa tra Ministeri, Regioni e P.A. che consenta di individuare standard di personale col fine di determinare il fabbisogno di professionisti di area sanitaria.
Ad avviso del SIGM, tuttavia, la legge delega deve definire sia i criteri sia la metodologia per la previsione e definizione dei fabbisogni su base regionale e nazionale senza dimenticare di coinvolgere il MIUR per una programmazione a 360° visto che nel frattempo l’accesso a numero programmato ai corsi di medicina e chirurgia sta subendo da anni forzature che stanno mettendo a repentaglio sin da ora ogni tentativo di programmazione futura.
In definitiva molte opportunità ma anche moltissimi punti oscuri. Una tale proposta di riforma non può poi prescindere dal coinvolgimento di chi vive ogni giorno la formazione specialistica.
A tal proposito chiediamo di essere resi partecipi della discussione e del processo di definizione della presente legge delega e dei provvedimenti futuri.
Il Dipartimento Specializzandi (SIMS) e il Dipartimento SIMeG
Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM)