Pubblicati i dati Istat sull’occupazione nella sanità pubblica. Gli “eroi” tanto elogiati restano i più poveri e più stanchi della Pubblica Amministrazione

Gli “eroi” tanto elogiati restano i più poveri e più stanchi della Pubblica Amministrazione.

Pubblicati i dati relativi all’occupazione nella sanità pubblica da parte dell’Istat, che mettono in evidenza quanto purtroppo era già noto da tempo. Di seguito i numeri allarmanti:

  • riduzione del personale a tempo indeterminato nel decennio (2009-2018): da 692.000 a 650.000. Una perdita di quasi 50.000 unità, come confermano i dati della Ragioneria Generale di Stato;
  • ridotto e precario rimpiazzo contrattuale; la contrazione dei medici stabilmente contrattualizzati è stata del 5.4%, di questi solo un medico su quattro è stato compensato con modalità di lavoro flessibile;
  • elevata età media dei lavoratori del comparto sanitario,tra le più alte di Europa; 4 medici su 10 hanno più di 50 anni (52,3 anni per gli uomini e 50 circa per la donne);
  • retribuzioni tra le più basse di Europa, circa 83000 euro per i dirigenti medici. E per tutti precari?

Una fotografia allarmante, in cui i cori e gli applausi per gli “eroi” devono tradursi in risposte reali per la comunità tutta.

La riduzione degli occupati a tempo indeterminato per effetto delle politiche di contenimento della spesa per il personale nel settore pubblico e, soprattutto, dell’applicazione in alcune regioni dei piani di Rientro (quali Piemonte, Lazio, Molise, Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) non può giustificare tuttavia un dato per noi innegabile: negli ultimi dieci anni gli operatori sanitari sono stati logorati da un lavoro massacrante e senza ricambio generazionale.

Non solo, ma apprendiamo oggi che anziché provare ad invertire la rotta di una gobba demografica sempre più sproporzionata, in cui tanti over 50 continuano a lavorare a ritmi serrati mentre tanti under 40 ancora vedono come un miraggio la stabilizzazione contrattuale magari cercando lavori di fortuna, si pensa ad approvare un emendamento al disegno di legge C2461 che recita “è aumentata di due anni l’età di collocamento d’ufficio a riposo per raggiunti limiti di età [..] nonché dei medici e chirurghi universitari ed ospedalieri , che alla stessa data esercitano attività clinica presso strutture pubbliche o convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale”.

Insomma un invito a ritardare ulteriormente l’inserimento dei giovani medici nel mondo del lavoro mentre quest’anno saranno circa 20000 i neoabilitati che proveranno un concorso di accesso alle Specializzazioni Mediche.
Resta l’amarezza nel prendere ancora una volta atto che le promesse di potenziamento del comparto sanitario persino dopo una emergenza come la pandemia da COVID-19 si rivelano via via illusorie . Appare piuttosto chiaro come il tentativo continuo sia sempre quello di logorare al massimo le risorse umane già esistenti senza incentivare le nuove generazioni, essendo evidentemente il potenziamento delle risorse economiche per il servizio sanitario nazionale non una priorità per il nostro Paese.

A voi le valutazioni.

Il Dipartimento Specialisti e Liberi Professionisti

 

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