La stragrande maggioranza dei giovani medici non ha dimestichezza con la tematica previdenziale e tende a sottovalutarne l’importanza. Il S.I.G.M., pertanto, ha ritenuto opportuno impegnarsi in una continua opera di sensibilizzazione dei giovani medici, finalizzata a far comprendere l’esigenza di imparare a costruirsi da subito il futuro pensionistico. Negli ultimi anni, peraltro, sono intervenuti importanti cambiamenti nel sistema previdenziale: sino al 1995 ai medici sono state corrisposte pensioni ben strutturate, ciò grazie al vecchio sistema retributivo (che, come ricordato, calcolava le pensioni in funzione degli ultimi stipendi percepiti) e sulla base del dato di una preponderanza di lavoratori attivi contribuenti rispetto ai pensionati destinatari delle pensioni. La transizione demografica occupazionale, le dissennate politiche previdenziali assunte in passato (ad es. le “baby pensioni”), la crescente inoccupazione, hanno obbligato il Legislatore ad intervenire in maniera incisiva. Le attuali generazioni sono, dunque, assoggettate ad un sistema pensionistico contributivo, che definisce l’ammontare della pensione in funzione di quanto si è riuscito a “mettere da parte” in termini di contributi versati nel corso di tutto l’arco lavorativo. In altre parole, mentre in passato un lavoratore attivo bastava a “coprire” la pensione di due colleghi in “quiescenza”, ai giorni nostri, invece, necessitano quasi due lavoratori contribuenti e mezzo affinché venga garantita la copertura della pensione ad un singolo pensionato. Da qui il ricorso al meno vantaggioso sistema contributivo che non consente di capitalizzare una rendita previdenziale decorosa. Per di più, è stato necessario innalzare progressivamente l’età di pensionamento sino a richiedere il versamento di giusti contributi per ben 36 anni lavorativi. Dal 1 gennaio 2012 il già citato D.L. 201 del 06/12/2011 “Decreto salva-Italia” li ha elevati a 42 anni, indipendentemente dall’età anagrafica; inoltre con l’agganciamento dei requisiti all’allungamento dell’aspettativa di vita porterà 43 anni i requisiti entro il 2018 ed oltre negli anni venire, senza possibilità di decremento anche in caso di accorciamento di detta aspettativa.
Inoltre, per chi si avvia al percorso formativo della medicina i tempi medi di attesa per l’accesso all’esercizio della professione sono di per sé elevati, se comparati agli altri ambiti professionali, e le differenze appaiono più marcate se tale dato è messo a confronto con quello degli altri Paesi Europei. Il risultato dell’analisi è impietoso: le attuali generazioni di giovani medici non potranno andare in pensione col massimo dei contributi pensionistici, tanto meno potranno contare su una pensione degna di tale nome. Da qui l’esigenza di dotarsi degli strumenti necessari a districarsi ed orientarsi nel contesto della complessa materia previdenziale, cercando di adattarsi da subito al cambiamento concettuale introdotto con l’adozione delle forme complementari. Giunge al caso nostro, a tal proposito, una dotta citazione di un celebre postulato della teoria evoluzionistica propugnata da Charles Darwin, che sembra cogliere perfettamente la natura della questione: “Non sono le specie più forti a sopravvivere, né le più intelligenti, ma sono quelle che riescono a rispondere con maggior prontezza ai cambiamenti”.