Campagna #svoltiAMOlaSanità
3 giugno 2014: mobilitazione nazionale dei Giovani della Sanità. Programmazione, Formazione e Lavoro. Merito e Trasparenza.
Prescrizione numero 2
SI all’accesso programmato a medicina
La salute e le risorse umane della sanità sono un valore non una merce; la definzione del contingente di medici e di professionisti dell’area sanitaria da formare va sottoposto a programmazione quali-quantitativa a tutela della salute dei cittadini; ed il sistema di selezione per l’accesso alla formazione ed al mondo del lavoro deve essere trasparente, meritocratico e non discrezionale.
Quello della formazione medica pre e post lauream, rappresenta l’unico ambito in cui il diritto allo studio dello studente deve trovare un punto di equilibrio con la tutela del diritto alla salute del cittadino.
Per questo il numero programmato per l’accesso a medicina è un valore e come tale va preservato. Questo deve essere il punto fermo, da cui partire per cercare di migliorare l’attuale modalità di accesso ai corsi di laurea di medicina basata attualmente su una prova a quiz. Ciò soprattutto in relazione a quanto sta accadendo a seguito dei crescenti pronunciamenti del TAR che, negli ultimi anni, stanno minando l’impianto dell’accesso programmato, con gravi ripercussioni sul sistema salute.
Si è aperto, pertanto, un dibattito in tema di revisione dell’accesso ai corsi di laurea di medicina basati su un’estemporanea prova a quiz con l’ipotesi di adottare soluzioni mutuate dal modello francese. In tal contesto, taluni si lanciano in esternazioni senza neanche aver contezza di tale interessante modello, che coniuga alla meritocrazia anche un perfetto equilibrio tra accessi a medicina, alla formazione post laurea ed al mondo del lavoro, essendo fondato sull’accesso programmato. In verità, è difficile capire se potrebbe funzionare anche nel nostro Paese. Infatti, se, da un lato, superare l’estemporaneità dell’attuale sistema di accesso al percorso formativo in medicina è un obiettivo a cui tendere idealmente, dall’altro lato, va considerato che le università italiane non sembrano in atto attrezzate (in termini, organizzativi, strutturali ed ordinamentali) ad affrontare l’impatto di un potenziale contingente di accessi a medicina, stimato in circa 60.000 matricole l’anno. Ed in assenza di una rivisitazione complessiva del sistema universitario italiano, tra i più statici e conservatori, il rischio è quello di far scontare scelte dettate dall’emotività del momento sulle spalle dei singoli studenti, che rischiano di perdere tempo prezioso con percorsi universitari non definiti, e sul portafoglio delle loro famiglie, con il solo risultato certo di vedere impennare gli introiti delle università, mai così in difficoltà con i finanziamenti erogati dal governo, attraverso le tasse universitarie.
Fermo restando che ogni paese ha le sue peculiarità socio-culturali e quindi ogni modello è per sua natura irripetibile senza considerare aggiustamenti sostanziali, quello a cui bisogna tendere è un modello che non scarichi il rischio della scelta professionale sul singolo studente, ma che bensì programmi e poi selezioni il capitale umano di ambito scientifico con una formazione a più livelli che valorizzi le scelte vocazionali con riferimento alle scienze di base, incanalando gli studenti con le carte in regola (crediti acquisiti) in percorsi di studio definiti (medicina, infermieristica, veterinaria, odontoiatria, farmacia ed altre professioni sanitarie), fermo restando la possibilità per tutti di potersi cimentare nell’accesso ai corsi di area sanitaria.
L’addestramento professionale del medico, che è garanzia della tutela della salute del paziente, si fonda su un percorso formativo caratterizzato da un ottimale rapporto docente/studenti e sulla disponibilità di un’adeguata casistica clinica, reperibile all’interno delle strutture assistenziali. E tale casista non è illimitata, per quanto presenti potenzialità di ampliamento attraverso l’effettiva implementazione di reti formative integrate tra Università, Territorio ed Ospedale. Il sistema dell’accesso programmato in linea di principio garantisce tali condizioni e, pertanto, va salvaguardato. Peraltro, osservando i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità relativi al rapporto tra medici e popolazione assistita, si evidenzia come l’Italia sia uno dei Paesi con il rapporto più alto nell’EU (3,9:10.000, con una media EU che si attesta a 3,2:10.000, per l’anno 2010): tale evidenza richiama ulteriormente l’attenzione sul tema della programmazione delle risorse umane del settore sanitario. A maggior ragione perché ai giorni nostri si deve tenere in debito conto anche il tema della compartecipazione di competenze professionali coi profili non medici.
SI all’incremento dei finanziamenti per l’accesso al post laurea
Il Governo non è in grado di reperire risorse da investire nella formazione post laurea dei giovani medici e dei non medici di area sanitaria: l’Italia è un Paese per #medicisenzafuturo!
Scenario: nel 2020 i pazienti italiani rischiano di avere una #sanitàsenzafuturo e si recheranno a curarsi all’estero, dove troveranno medici e non medici italiani.
Sono migliaia i Giovani Medici italiani che potrebbero emigrare verso l’Estero. Uno stillicidio iniziato ormai da tempo che potrebbe trasformarsi in una copiosa emorragia. Tutto ciò poiché lo Stato Italiano, dopo aver formato migliaia di giovani laureati in medicina e chirurgia, non riesce a garantirne la formazione post lauream. E per un laureato in medicina il possesso del Diploma di Specializzazione, rilasciato dalle Università, o del Diploma di formazione specifica di Medicina Generale, conseguito a seguito della frequenza di un corso triennale incardinato nei Servizi Sanitari Regionali, rappresenta un requisito indispensabile per accedere ai ruoli della dirigenza medica ed al convenzionamento del Servizio Sanitario Nazionale.
A fronte di una stima di almeno 9000 candidati (6.700 neolaureati circa a cui devono aggiungersi quanti non hanno avuto accesso al post laurea nei precedenti anni accademici), il contingente di contratti di specializzazione attualmente finanziabili dal Governo Italiano non raggiungerà nella migliore delle ipotesi le 3.500 unità, a cui devono aggiungersi circa 900 borse di studio per la formazione specifica di medicina generale. Il quadro tenderà a peggiorare nei prossimi anni in ragione dell’incremento progressivo degli accessi a medicina, effettuato negli ultimi anni senza l’adeguamento del capitolo di spesa sulla formazione medica post laurea: in assenza di interventi urgenti, migliaia di giovani professionisti e, in prospettiva, migliaia di studenti in medicina (il numero di accessi a medicina negli ultimi anni è stato incrementato progressivamente, ponendo le basi per un progressivo incremento del differenziale tra domanda ed offerta) saranno condannati all’emigrazione forzata o alla disoccupazione. Si tratterebbe di uno spreco di risorse umane e di una pessima valorizzazione delle professionalità della nostra sanità!
E va ricordato che accanto all’emergenza del finanziamento dei contratti di formazione specialistica per i medici, c’è anche la sacrosanta richiesta di contrattualizzazione da parte dei corsisti in medicina generale e degli specializzandi non medici di area sanitaria, giovani che ad oggi si spendono con passione nella propria formazione/lavoro senza avere riconoscimenti adeguati né tutele.
Il dato relativo all’emigrazione (temporanea e/o definitiva) di giovani medici italiani è impressionante: sono oltre 6.400 i giovani medici, pari al 15% dei neoformati all’anno, che dal 2009 hanno avviato le pratiche per esercitare la professione all’estero, ed il trend incrementale di quanti si stabiliscono in modo permanente in Svizzera, Regno Unito, Francia e Germania è preoccupante.