Futuro Previdenziale dei Giovani Medici: luci ed ombre nella Manovra Finanziaria aggiuntiva straordinaria

Cari Colleghi,

vi informiamo che il SIGM ha riproposto, sotto forma di emendamento, la proposta di inquadramento previdenziale esclusivo degli specializzandi in ENPAM, con possibilità di recupero dei contributi già versati all’INPS dal 2006 ad oggi e di trasferimento degli stessi all’Ente Previdenziale dei Medici.

L’emendamento in questione (scarica copia dell’emendamento), presentato in seno al ddl n. 2887, di conversione del decreto 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo (Manovra Finanziaria aggiuntiva straordinaria) è stato dichiarato ammissibile e sarà sottoposto al voto del Senato nella speranza che i contenuti dello stesso vengano recepiti in toto. Qualora tale iter Parlamentare si concludesse positivamente, il nostro Segretariato conseguirebbe uno storico risultato a favore della categoria dei giovani medici, i quali si gioverebbero di una migliore valorizzazione dei contributi previdenziali versati e da versare durante la specializzazione, a differenza da quanto previsto dall’attuale duplice ed iniquo regime contributivo in INPS ed ENPAM.

Se, da un lato, la Manovra Finanziaria potrebbe presentare delle luci per la nostra categoria, dall’altro, si profilerebbero all’orizzonte delle ombre: infatti, anche la dirigenza medica non sarebbe esente dagli effetti infausti che deriverebbero a seguito dell’annunciata impossibilità di accedere all’istituto del riscatto degli anni di laurea al fine del computo dell’anzianità lavorativa minima necessaria ad accedere al pensionamento. Rispetto a tale limitazione, si fa presente che, pur essendo interessati in maniera diretta i medici di età superiore ai 40 anni (per le generazioni antecedenti il sistema contributivo puro sarebbe già prospetticamente in vigore in relazione alla piena applicazione della riforma del sistema pensionistico, in vigore dal 1° gennaio 1996), le giovani generazioni di medici subirebbero un danno indiretto, laddove, a fronte della prospettiva di migliaia di posti vacanti nella dirigenza medica, prossimi ad essere messi a concorso successivamente alla prevista entrata in quiescenza di un consistente contingente di medici, – anche grazie alla possibilità di annoverare gli anni di laurea (e di specializzazione) riscattati al fine del computo della pensione di anzianità, – si verrebbe a registrare un ulteriore slittamento dell’ingresso dei giovani nella pubblica amministrazione, tutto ciò esasperando un quadro di diffuso precariato che investe la categoria dei giovani medici.

In altri termini, chi oggi sarebbe prossimo al pensionamento, annoverando nel calcolo i 6 anni di laurea in medicina eventualmente riscattati, si vedrebbe posticipare ex abrupto il momento dell’entrata in quiescenza di sei anni (il passivo potrebbe essere peggiore per chi avrebbe fatto affidamento anche sul riscatto degli anni di specializzazione).

Per onestà intellettuale, dopo aver in data odierna interpellato i vertici del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dobbiamo riferirvi che al momento quanto annunciato dal Governo in tema di calcolo dell’anzianità lavorativa non è stato ancora messo nero su bianco e pertanto è d’obbligo riservarsi di prendere visione della stesura definitiva dell’articolo che introdurrebbe le predette limitazioni prima di entrare nel merito della questione ed eventualmente mettere in campo azioni di protesta.

Per chiarezza di informazione ed in sintesi, però, secondo quanto riportato dalla stampa, dal 2012 serviranno 40 anni di lavoro effettivo, al netto del riscatto della laurea e del servizio militare, per andare in pensione, a differenza di quanto accaduto sino ad oggi, laddove gli anni riscattati di laurea e di specializzazione venivano considerati al fine del computo dell’anzianità lavorativa minima necessaria ad accedere al pensionamento (al momento possono bastare anche meno di 30 anni di lavoro ai quali sommare gli anni del corso di laurea, quelli della specializzazione e del servizio militare per maturare il diritto).

Le annualità riscattate, invece, continuerebbero in ogni caso ad essere utili ai fini del calcolo della pensione: in pratica, il lavoratore andrebbe via dopo 40 anni di lavoro ma la pensione gli verrebbe calcolata su tutti i contributi versati e quindi, nel caso del riscatto dei sei anni del corso laurea in medicina (istituto che continuerà ad essere praticabile), su 46 anni (di contributi versati). Ciò era stato già previsto per le attuali giovani generazioni di medici con l’entrata in vigore della Legge Dini di Riforma del Sistema pensionistico, ovvero per coloro che hanno cominciato a lavorare dal 1° gennaio 1996 e si vedranno la pensione calcolata interamente col metodo contributivo (ovvero in base ai contributi versati e non più in funzione anche delle retribuzioni percepite, come previsto dal vecchio sistema retributivo).

In ogni caso, a scopo preventivo, al fine di scongiurare tale ipotesi, abbiamo provveduto a contattare autorevoli interlocutori parlamentari di maggioranza e di opposizione, chiedendo loro di spendersi nel senso di concedere opportune deroghe alla categoria medica in sede di scrittura del provvedimento in questione.

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